Il Tribunale Amministrativo Regionale ha annullato la delibera con cui la giunta comunale guidata da Giuseppe Falcomatà aveva sospeso il mercato di Piazza del Popolo, restituendo lo spazio agli ambulanti. Una decisione che sta facendo discutere e solleva interrogativi profondi sul senso delle regole civiche, sulla legalità e sul rispetto della cosa pubblica.
Secondo i dati ufficiali resi noti in precedenza dallo stesso Comune, circa il 90% degli operatori ambulanti presenti nella piazza non era in regola con i pagamenti dovuti all’amministrazione, inclusi i tributi locali. Un dato sconcertante, che aveva portato alla decisione – condivisa da molti cittadini – di sospendere il mercato per ristabilire ordine, legalità e decoro urbano.
E invece no. Il TAR ha deciso diversamente, accogliendo il ricorso degli ambulanti e annullando la delibera della giunta. Una decisione che lascia l’amaro in bocca e che sembra ignorare volutamente l’evidenza: la stragrande maggioranza degli operatori non contribuisce minimamente al bilancio comunale. Non solo: si tratta di attività che spesso operano in condizioni precarie, occupando suolo pubblico senza garanzie igienico-sanitarie e violando sistematicamente le regole del commercio.
Ci si chiede quindi su quale base il TAR abbia ritenuto illegittima la delibera. Perché tutelare chi, dati alla mano, non rispetta le norme minime di convivenza e legalità economica? È davvero questo il messaggio che vogliamo dare a chi, al contrario, paga regolarmente le tasse, rispetta le regole e contribuisce al bene comune?
Ora Piazza del Popolo torna nelle mani di chi – sempre secondo i dati ufficiali – non versa un euro al Comune, ma ne usufruisce come se fosse proprietà privata. Una situazione paradossale che suona come una beffa per tutti quei cittadini e commercianti onesti che ogni giorno si scontrano con burocrazia e imposizioni fiscali.
Forse è arrivato il momento di rivedere radicalmente il rapporto tra giustizia amministrativa e amministrazione pubblica. Perché se le regole valgono solo per alcuni, allora non sono più regole. Sono favoritismi.