Danno la colpa alla politica. Sempre.
Ma poi, eccoli lì: i paladini della denuncia, i campioni del “qui non funziona niente”, i poeti del “è colpa del Comune”, che nel frattempo attaccano una pompa privata alla fontana pubblica… per lavarsi la macchina.
No, non è uno sketch comico. È la pura, tragicomica, realtà.
Siamo a Reggio Calabria, zona periferica. 40 gradi all’ombra, l’asfalto che si scioglie, la gente che cerca una goccia d’acqua come fosse oro liquido.
E lui, l’eroe di giornata.
Con fare da idraulico motivato, ha portato una pompa da casa, l’ha collegata con precisione millimetrica alla fontana pubblica — quella che, giusto per chiarire, dovrebbe servire per dissetarsi, non per far brillare il cofano — e ha dato inizio all’autolavaggio abusivo deluxe.
20 minuti di passaggi tecnici: cofano, portiere, paraurti, parabrezza. Sembrava pronto per partecipare al concorso “Miss Carrozzeria Estate 2025”.
Nel frattempo, i vicini? A guardarlo. Disidratati. Col bicchiere vuoto. Ma ehi, la macchina brillava.
E allora vien da chiedersi:
la politica ha mille colpe, nessuno lo nega. Ma se il cittadino medio tratta l’acqua pubblica come un accessorio da lavaggio auto… di che stiamo parlando?
Lo spreco non è solo quello che viene “dall’alto”. È anche quello di chi, ogni giorno, si comporta come se le regole fossero un optional.
Siamo in un momento storico in cui l’acqua va rispettata come un bene sacro. In molte zone della città scarseggia. Ci sono famiglie che fanno i salti mortali per riempire due bottiglie. E poi c’è lui: il maestro della pompa. Il mago del tergicristallo. Il Robin Hood che toglie l’acqua a tutti per darla alla sua carrozzeria.
Ridiamo per non piangere, sì.
Ma prima o poi, smetteremo pure di ridere.
Perché l’acqua finisce. Ma la sfacciataggine, quella sembra infinita.